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mechinez | 449 |
nari, ringraziarono gravemente, e se n'andarono con un sorriso di trionfo che voleva dire: — Orgogliosi ignoranti, v'abbiamo fatto vedere chi siamo.
Verso il tramonto partimmo da Mechinez e camminammo per due ore a traverso la più bella campagna che abbia mai visto in sogno un paesista innamorato. Vedo, sento ancora la divina grazia di quelle colline verdi sparse di roseti, di mirti, di leandri, d'aloè fioriti; lo splendore di quella città di Mechinez indorata dal sole, che si nascondeva al nostro sguardo minareto per minareto, palma per palma, terrazza per terrazza, e più si impiccioliva, più pareva che s'alzasse, come se le crescesse sotto la collina; e l'aria impregnata di profumi che facevano fremere, e le acque che riflettevano i mille colori della scorta, e l'infinita mestizia di quel cielo rosato; vedo, sento ancora tutto questo, e non lo so descrivere! Ah! mi morderei le dita!