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mechinez | 443 |
timento dei pittori e mio, perchè mai più di quel giorno ci colpì il ridicolo contrasto della maestà del loro aspetto coll'umiltà dei loro uffici. Ecco, per esempio, il servo Hamed, piantato sopra uno stupendo cavallo nero, che esce di galoppo dalla porta merlata di Mechinez e si slancia a briglia sciolta a traverso la campagna. Il suo alto turbante, illuminato dal sole, splende della bianchezza della neve; la sua grande cappa celeste ondeggia al vento come un manto reale; il suo pugnale scintilla; tutta la sua figura maschia e graziosa, spira la maestà d'un principe e la baldanza d'un guerriero. Quante vaghe immagini fa brillare alla mente quel bel cavaliere mussulmano che vola come un fantasma sotto le mura d'una città medioevale! Dove va? a rapire la più bella figliuola del pascià di Faraone? a sfidare il valoroso caid d'Uazzan, fidanzato alla sua amante? a versare i suoi affanni nel seno del santo secolare che prega da ottant'anni sulla cima del monte Zerhun, nella sacra zauia di Mulei-Edris?
No; viene all'accampamento a pigliare un fritto di patate per il desinare dell'Ambasciatore.
Verso il tramonto, i pittori ed io andammo in città, a cavallo alle nostre mule, accompagnati da quattro soldati a piedi del governatore