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nimo di bella e mechinesino di geloso. Il palazzo imperiale, fondato da Mulei-Ismaele, che nel 1703 ci teneva quattromila donne e ottocento sessantasette figliuoli, aveva due miglia di circuito ed era ornato di colonne di marmo fatte venire in parte dalle rovine della città di Faraone, vicina a Mechinez, in parte da Livorno e da Marsiglia. V'era un grande alcazar dove si vendevano i più preziosi tessuti d'Europa, un vasto mercato riunito alla città da una strada ornata di cento fontane, un parco d'olivi immenso, sette grandi moschee, un formidabile presidio d'artiglieria che teneva in freno i berberi delle vicine montagne, un tesoro imperiale di cinquecento milioni di lire, e una popolazione di cinquantamila abitanti che erano considerati come i più colti e i più ospitali dell'Impero.

Selam ci descrisse con voce bassa e con gesti misteriosi il luogo dov'è rinchiuso il tesoro, che nessuno sa quanto sia; ma che certo dev'essere di molto scemato dopo le ultime guerre, se pure è ancora tale da meritare il nome di tesoro. — Dentro il palazzo del Sultano, — disse, — c'è un altro palazzo, tutto di pietra, che riceve la luce dall'alto ed è circondato da tre giri di muraglie. Si entra per una porta di ferro, si trova un'altra porta di ferro e poi c'è ancora una porta di ferro. Dopo queste tre