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sentimento di pietà che mi desta la decadenza, l’avvilimento, l’agonia di questo popolo guerriero e cavalleresco, che lasciò una così luminosa traccia nella storia delle scienze e delle arti, ed ora non serba nemmen più la coscienza della sua gloria passata. È un sentimento d’ammirazione per quello che rimane in lui di forte e di bello, per la maestà virile e graziosa del suo aspetto, del suo vestire, dei suoi modi, delle sue cerimonie; per tutto ciò che presenta ancora d’anticamente semplice la sua vita triste e silenziosa. È un sentimento di sconforto al vedere tanta barbarie a così poca distanza dalla civiltà, e come in questa civiltà sia così sproporzionata la forza di innalzarsi a quella di espandersi, se in tanti secoli, pure crescendo sempre nella sua sede, non riuscì a fare da questa parte duecento miglia di cammino. È un sentimento di sdegno pensando che al grande interesse dell’incivilimento di questa parte dell’Affrica, prepongono gli Stati civili i loro privati e piccoli interessi mercantili, e scemando così nel concetto di questo popolo, collo spettacolo delle loro meschine gelosie, l’autorità propria, e quella della civiltà che gli voglion portare, rendono sempre più lenta e più difficile l’impresa comune. Infine è un sentimento di piacere vivissimo pensando che in questo paese mi son formato