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422 | fez |
rare all’ombra d’una palma, sopra un rialto di terreno, di dove si dominava tutto lo spianato.
Ero là da pochi minuti, quando vidi un ufficiale staccarsi da un crocchio, e venir verso di me lentamente, guardando qua e là e canterellando, come per non farsi scorgere.
Era un omo piccolo, tarchiato, vestito presso a poco alla zuava, col fez, senz’armi. Poteva avere una quarantina d’anni.
Quando lo vidi da vicino, provai un senso di ribrezzo. Non ho mai visto nella gabbia di nessuna corte d’Assisie una faccia più perfida di quella. Avrei giurato che aveva sulla coscienza almeno dieci omicidii, accompagnati da insulti al cadavere.
Si fermò a due passi da me, mi fissò con due occhi vitrei e disse freddamente:
— Bonjour, monsieur.
Gli domandai s’era francese.
— Sì, — rispose. — Son venuto da Algeri. Son qui da sette anni. Son capitano nell’esercito del Marocco.
Non potendo fargli i miei complimenti, non risposi.
— C’est comme ça, — continuò con un fare spigliato. — Sono andato via da Algeri perchè non mi ci potevo più vedere. J’etais obligé de vivre dans un cercle trop étroit (voleva forse dire il capestro). La vita all’europea non si confa-