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non ritornano più viziosi e più birbanti; e che se tutti rimangono stupiti dello splendore delle nostre città e delle meraviglie delle nostre industrie, nessuno però ne rimane scosso nell’anima, acceso nella mente, spronato a fare, a tentare, a imitare; nessuno intimamente persuaso della inferiorità complessiva del paese proprio; e nessunissimo, poi, se anche avesse questi sentimenti s’arrischierebbe ad esprimerli, e tanto meno a cercar di diffonderli, per paura di tirarsi addosso l’accusa di mussulmano rinnegato e di nemico del suo paese.

— Che cosa avete da dire — gli domandai — delle nostre grandi città?

Mi guardò fisso e rispose freddamente:

— Strade grandi, belle botteghe, bei palazzi, belle officine.... e tutto pulito.

Con ciò parve che avesse detto tutto quello che aveva da dir d’onorevole per noi.

— Non ci avete trovato altro di bello e di buono? — domandai.

Mi guardò come per domandarmi alla sua volta che cosa pretendevo ch’egli ci avesse trovato.

— Ma possibile — (mi stizzii) — che un uomo ragionevole come voi siete, che ha visto dei paesi così meravigliosamente diversi e superiori al suo, non ne parli almeno con stupore, almeno colla vivacità con cui il ragazzo d’un