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e ci guardava con aria di suprema indifferenza. Poco dopo uscì da una porticina un’altra nera, una donna sui trent’anni, d’alta statura, di viso austero, di forme robuste, diritta come il fusto d’un aloè, la quale, per quello che ci parve, doveva essere una favorita del padrone, poichè gli si avvicinò famigliarmente, gli susurrò alcune parole nell’orecchio e gli tolse una festuca dai baffi, premendogli la mano sulle labbra, con un certo atto tra sbadato e carezzevole, di cui il moro sorrise. Alzando gli occhi, vedemmo tutta la galleria del primo piano e tutto il parapetto della terrazza coronati di teste di donne, che si nascosero immediatamente. Era impossibile che fossero tutte donne della casa. Quelle della casa avevano senza dubbio annunziato la visita dei cristiani alle amiche delle case vicine, e queste dalle loro terrazze s’erano arrampicate o buttate giù sulla terrazza dello Scellal. In un momento che guardavamo in su, ce ne passarono accanto tre come tre larve, col capo tutto coperto, e sparirono in una porticina. Erano tre amiche che non avendo potuto entrare in casa per la terrazza, avevano dovuto rassegnarsi a entrar per la porta; e un momento dopo comparirono le loro teste sopra il parapetto della galleria. La casa, insomma, s’era convertita in teatro, e noi eravamo lo spettacolo. Le spettatrici, tutte velate,