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Esperimentiamo in questi giorni la verità di quello che ci fu detto a Tangeri circa agli effetti dell’aria di Fez. Ma son poi effetti dell’aria o dell’acqua? o dell’olio scellerato? o del burro infame? o di tutte queste cose insieme? Comunque sia, è un fatto che stiamo tutti male. È languidezza, disappetenza, prostrazione di forze, pesantezza del capo, e quel ch’è più grave, un’abitudine, contratta da tutti, di attraversare di tratto in tratto il cortile rapidissimamente, senza voltarsi indietro, come se fossimo inseguiti. Strana debolezza! E a tutti questi malanni s’aggiunge un tedio, un fastidio d’ogni cosa, una tetraggine, che da qualche giorno ha fatto mutar faccia alla casa. Tutti desiderano il ritorno. Siamo giunti a quel punto inevitabile di tutti i viaggi, in cui tutt’a un tratto la curiosità si smorza, ogni cosa si scolora, le memorie della patria rincalzano in folla; tutti i desiderii, soffocati nei primi giorni, si risollevano in tumulto; e da qualunque parte si rivolga lo sguardo, si vede la nostra porta di casa. Siamo sazi di turbanti, di faccie nere, di moschee; stanchi d’aver mille occhi addosso, annoiati di questa immensa mascherata bianca