operai abilissimi, che formano ad uno ad uno, a colpi di piccozza, le stelle e i quadrettini innumerevoli, con una precisione meravigliosa. Nessun dubbio che questo popolo è dotato di mirabili attitudini, e che le industrie sue piglierebbero un grande incremento, come lo piglierebbe l’agricoltura, che fu già fiorentissima, se le desse vita il commercio; ma il commercio è inceppato dalle proibizioni, dalle restrizioni, dai monopoli, dalle tariffe eccessive, dalle modificazioni continue, dalla inosservanza dei trattati; e benchè gli Stati d’Europa abbiano molto ottenuto in questi ultimi anni, esso non è ancora che piccolissima cosa appetto a ciò che diventerebbe agevolmente, grazie alla ricchezza naturale e alla posizione geografica del paese, sotto un governo civile. Il commercio principale, dalla parte d’Europa, è coll’Inghilterra; dopo la quale vengon la Francia e la Spagna, che danno cereali, metalli, zucchero, tè, caffè, seta greggia, tessuti di lana e di cotone, e ricevono lana, pelli, frutti, sanguisughe, gomme, cera e gran parte dei prodotti dell’Affrica centrale. Il commercio che si fa per Fez, Taza e Udjda (e non è di piccola importanza, benchè minore assai di quello che la vicinanza dei due paesi dovrebbe produrre) comprende, oltre i tappeti, i tessuti, le cinture, i cordoni, e tutti gli oggetti del vestiario arabo e moresco, brac-