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Trovo sovente dei negozianti di Fez che son stati in Italia. Ce ne vanno ogni anno da quaranta a cinquanta, e parecchi hanno agenti mori od arabi nelle nostre città principali. Vanno particolarmente nell’alta Italia dove comprano seta greggia, damaschi, coralli, velluti, refe, porcellane, perle, conterie di Venezia, carte da giuoco di Genova e mussolina di Livorno. Di proprio non ci portano che cera e lana, poichè l’industria marocchina è molto ristretta, e si può dir che le stoffe, le armi, le pelli e il vasellame sono i soli prodotti che chiamino l’attenzione d’un Europeo. Le stoffe si fanno principalmente in Fez e in Marocco. Sono caic per donne, turbanti signorili, ciarpe, foulards, tessuti sottilissimi di seta frammisti d’oro e d’argento, per lo più a righe diritte e parallele, bianchi o di colori gentili ed armonici, bellissimi a primo aspetto, ma disuguali, se si guardano bene, e ingommati, e poco resistenti. Forti, invece, e finissime le berrettine di lana rossa, che prendono il nome dalla città di Fez, e ammirabili per solidità e graziosa ricchezza di colori i tappeti che si fanno a Rabat, a Casa Blanca, a Marocco, a Sciadma, a Sciauia. Da Tetuan pro-