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consentire di mala grazia. Allora il macellaio afferrò il primo condannato, già mezzo morto di terrore, lo gettò a terra, gli s’inginocchiò sul petto e gli mise il coltello alla gola. Drummond Hay torse il viso. Gli parve che seguisse una lotta violenta. Il carnefice gridava: — Datemi un altro coltello; il mio non taglia! — Il condannato giaceva in terra supino colla gola mezz’aperta, il petto ansante, tutte le membra contratte. Fu dato un altro coltello al carnefice e la testa venne spiccata dal busto.
I soldati gridarono con voce fioca: — Dio prolunghi la vita del nostro signore e padrone! — Ma parecchi di essi parevano istupiditi dal terrore.
Venne innanzi l’altra vittima. Era il giovane bello e simpatico. Il suo sangue fu argomento d’un altro alterco. L’ufficiale, rinnegando la sua parola, disse che non avrebbe pagato che venti lire per tutt’e due le teste. Il carnefice dovette rassegnarsi. Il condannato domandò che gli fossero sciolte le mani. Sciolto che fu, si tolse la cappa, e porgendola al soldato che gli aveva tolto la corda, gli disse: — Accettate questo; ci rivedremo in un mondo migliore! — Gettò il suo turbante a un altro, che lo aveva guardato con aria di pietà, e dirigendosi a passo fermo dove era disteso il cadavere insanguinato del compagno, esclamò con voce chiara e sicura: —