Biseo, dicendo che quel cane era stato mandato dal Re del suo paese a copiare le più belle moschee di Fez, perchè l’esercito cristiano, venendo poi ad assalire la città, le potesse riconoscere e bombardare per le prime. Ieri poi (c’ero presente) gli si accostò un vecchio moro stracciato, un viso di buon diavolo, tutto ridente, che pareva avesse grandi cose da dirci, e stentando un po’ a spiccicar le parole, esclamò con voce commossa: — France! Londres! Madrid! Roma! — Rimanemmo molto meravigliati, come ognuno può pensare. Gli domandai se sapeva parlare francese o italiano o spagnuolo. Fece cenno di sì. — Parlate dunque, — dissi. Si grattò la fronte, sospirò, pestò i piedi e poi esclamò di nuovo: — France! Londres! Roma! Madrid! — e accennava l’orizzonte. Voleva dire che aveva visto quei paesi, e forse che una volta sapeva farsi capire nelle nostre lingue; ma che aveva tutto dimenticato. Gli feci altre domande, ma non ne cavai nulla di più di quei quattro nomi. E se n’andò ripetendo: — Madrid! Roma! France! Londres! e fin che ci vide, ci salutò affettuosamente, esprimendo col gesto il rammarico di non poter parlare. — Si trova di tutto fra questa gente, — diceva il Biseo indispettito, — persino degli originali che ci voglion bene; ma non