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140 | tleta de reissana. |
non portano sproni e pungono il cavallo colla staffa; gli altri hanno per sproni due piccoli ferri acuminati, della forma d’un pugnale, fissati al calcagno con un cerchietto metallico e una catenella. Si dicono cose ammirabili del grande amore che nutre l’arabo per il cavallo, l’animale prediletto del profeta; si dice che lo considera come un essere sacro; che ogni mattina, al levar del sole, gli mette la mano destra sulla testa, mormorando: bismillah! (nel nome di Dio!) e si bacia poi la mano, che crede santificata da quel contatto; che gli prodiga ogni sorta di cure e di carezze. E saran cose vere. Ma questo suo grande amore, per quello ch’io vidi, non gl’impedisce di lacerargli i fianchi senza bisogno, di lasciarlo esposto al sole quando potrebbe ripararlo all’ombra, di condurlo a bere, a un’ora di cammino, colle zampe legate, di esporlo dieci volte al giorno, per puro spasso, a spezzarsi le gambe, e infine di trascurare la bardatura in maniera che il più diligente di loro, messo in un reggimento di cavalleria europea, passerebbe sei mesi dell’anno in prigione.
Il caldo essendo forte, si stette parecchie ore all’ombra; ma a nessuno riuscì di dormire, per cagione degli insetti. Erano le prime avvisaglie d’una guerra tremenda che doveva durare,