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tleta de reissana 133


Il sole, apparendo sull’orizzonte, indorò per qualche minuto le nostre guancie sinistre; e poi si rinascose. La nebbia però diradò in maniera da lasciarci vedere la campagna. Era una successione di vallette verdi, nelle quali si scendeva e si risaliva quasi senz’accorgersene, tanto erano dolci i pendii. Le alture eran coperte di aloé e d’olivi selvatici. L’olivo, che in quel paese cresce prodigiosamente, è lasciato allo stato selvatico quasi da per tutto, e gli abitanti fanno lume e si alimentano col frutto dell’argan. Di mano in mano che ci affacciavamo a una valle, cercavamo cogli occhi un villaggio, un gruppo di capanne, qualche tenda. Non si vedeva nulla. Ci pareva di viaggiare alla ventura per una terra vergine. Di valle in valle, di solitudine in solitudine, dopo tre ore circa di cammino, arrivammo finalmente in un punto dove gli alberi più fitti, i sentieri più larghi e qualche armento sparpagliato per la campagna, annunciavano la vicinanza d’un luogo abitato. Uno dopo l’altro alcuni cavalieri della scorta spronarono il cavallo, ci passarono innanzi di galoppo e scomparvero dietro un’altura; altri si slanciarono di carriera a traverso la campagna in direzioni diverse; i rimanenti si disposero in ordine. In capo a pochi minuti ci trovammo davanti all’imboccatura d’una gola formata da alcune piccole colline,