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la madre. 75

del figlio e, strettolo attorno alla vita, gli faceva scorrere le scarne mani sul ruvido cappotto, che per lei, in quei momenti, valeva cento volte il più bel manto di re. I soldati di guardia, trattisi rispettosamente in disparte, guardavano, immobili e silenziosi, quel santo amplesso, col volto atteggiato a una commozione profonda. Io, che quel giorno era di picchetto al quartiere, stavo là presso ritto sulla porta della mia stanza, e guardavo.

— Via, rimettiti, mamma; fatti coraggio; non pianger così. Oh, Dio buono, o che c’è ragione di piangere? — andava dicendo con voce carezzevole il figliuolo, e con ambe le mani le rimetteva dietro gli orecchi i capelli che le s’erano scarmigliati e sparsi sulla fronte nell’impeto di quel primo abbraccio. La vecchia seguitava a singhiozzar forte, senza pianto e senza parola; finchè, alzati gli occhi in volto al figliuolo, sorrise, mise un respiro aperto come le fosse tolto un peso dal cuore, e mormorando: — mio figlio! — lo abbracciò un’altra volta. — Sei stanca? — domandò premurosamente il soldato svincolandosi delle sue braccia. — Un po’ — rispose sorridendo la donna. E girò gli occhi attorno in cerca d’un luogo ove posare il grosso involto che avea recato con sè. — Entrate qua — diss’io spalancando la porta della mia stanza. — Oh! l’ufficiale — diss’ella volgendosi verso di me e facendomi un inchino. — Grazie, signor ufficiale. — Suo figlio restò un po’ confuso. — Entrate, — io ripetei — entrate pure. — Entrarono timidamente e s’avvicinarono al tavolino; la vecchia vi posò su l’involto; io mi ritrassi in disparte.

— Fatti vedere, figliuolo; voltati indietro; lasciati guardare. — Il soldato, sorridendo, si rigirava per essere osservato da ogni parte. E la madre traendosi indietro, squadrandolo da capo a piedi, e giungendo le palme esclamava affettuosamente: — Come sei bello