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l’ospitalità. 43

stata una disgrazia; sì povero soldato; sì, dormi in pace.

— Ebbene, che ve ne pare? — domandò il padrone di casa alla sorella dopo averle fatta una descrizione enfatica della scena accaduta poc’anzi. Essa si sforzò di sorridere e rispose: — Non c’è male. — Solamente? — Solamente. Che cosa volete ch’io vi dica di più? —

Il padrone s’avviò alla sua camera da letto scrollando la testa in segno di compatimento. Essa restò un po’ pensierosa e poi scrollò la testa anch’essa mormorando: — povero giovane! — E andò a dormire.

L’indomani mattina, mentre il grand’orologio del salotto da pranzo scoccava le sette, il nostro soldato, vestito e armato di tutto punto, pigliava comiato da’ suoi ospiti che gli stavan tutti attorno nella stanza d’ingresso.

— Dunque...

— Dunque, buon viaggio! — dissero ad una voce il padre e i figliuoli.

— Buon viaggio! ripetè macchinalmente il soldato, sospirando.

— E state sano; abbiate cura della vostra salute; e se ripasserete un giorno per di qua, veniteci a fare una visita, chè per noi sarà sempre un piacere. E se non ci ripasserete più... allora, ricordatevi qualche volta di noi.

— Se mi ricorderò!... Sempre mi ricorderò di loro!... Sempre...

— E se per caso aveste bisogno di qualcosa, se noi potessimo riuscirvi utili in nulla, fate conto di noi come se fossimo la vostra famiglia, in qualunque caso e per qualunque motivo, senza riguardi, senza complimenti. —

Il soldato stava a sentire colla faccia attonita e convulsa.

— Avete inteso? Scrivete, quando vi occorra, o fateci scrivere un rigo...