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486 | il più bel giorno della vita. |
gli sposi, e adesso si faceva il pranzo di nozze, e noi siamo stati invitati dal signor colonnello. —
Detto questo, egli volse intorno uno sguardo trionfante, come per dire: Vedete se lo so io come si parla coi re!
Il Re sorrise, chiese al colonnello il suo nome, guardò la villa, le bandiere, gli sposi, i soldati, e poi disse: — Bravi, mi piace di vedere i soldati allegri,... bravi;... avete fatto tutti la campagna?
— Tutti! — risposero i soldati ad una voce.
— Maestà! — gridò uno di essi, scoprendosi un braccio fino al gomito e battendo la mano sopra una cicatrice; — questa è della Cernaia!
— Questa è di Palestro, Maestà! gridò un altro segnando una cicatrice che aveva sulla fronte.
— E questo di San Martino! — gridò un terzo mostrando una mano a cui mancavano due dita.
— Bravi ragazzi! — rispose il Re con voce commossa; — qua la mano, tutti. —
I soldati gettarono un grido di gioia, e s’affollarono intorno al cavallo, e strinsero l’un dopo l’altro la mano al re; l’ultimo fu Cesare.
— Bel giovanotto! — disse il Re. — Tutte le contadine guardarono Luisa; Luisa sorrise e tremò.
— E lei, colonnello? — domandò il Re, dopo ch’ebbe stretta la mano a tutti i soldati. Il colonnello, che era rimasto fino allora in disparte, immobile come un estatico, venne innanzi colla bocca aperta e gli occhi lucenti di lagrime, e strinse la mano al Re.
— Domani mattina lei verrà a far colazione con me, a Valdieri, non è vero? —
Il colonnello non potè rispondere, fece segno di sì e guardò il Re cogli occhi spalancati.
— Maestà! — gridò un bersagliere avvicinandosi; — le domando una grazia!