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478 | il più bel giorno della vita. |
lo ascoltavano, e gli parlavano, fin da quei primi momenti, con un’espressione di rispetto, di tenerezza e di confidenza quasi figliale. — Bravi i miei soldati! — diceva egli di tratto in tratto girando lo sguardo su tutti i volti — bravi! Avete fatto bene a venirmi a trovare. — Ed essi ridevano e si guardavano gli uni cogli altri come per dirsi: — Vedete un po’ che buon cuore! che caro vecchio!
Si fece silenzio.
— Ecco gli sposi, — disse il colonnello. — Luisa e Cesare erano apparsi sulla soglia della porta; Cesare era vestito da bersagliere coi suoi vecchi galloni da caporale.
Il gruppo dei soldati si divise in due ali, gli sposi passarono in mezzo, e di qua e di là si scoprirono le teste e sorse un bisbiglio vivace. — Bel visino! — Bella figura! — Pare una madonnina! — Bravo Cesare! — Ha l’aria d’una buona ragazza. — È di buon gusto l’amico. — Sembra una signora. — Begli occhi!
Qualcuna di queste parole arrivò all’orecchio degli sposi; Cesare ne gongolava, e si voltava per guardar Luisa negli occhi; Luisa sorrideva e si copriva il viso col ventaglio.
Fecero circolo in mezzo al prato, e a due, a tre alla volta, tutti i soldati andarono a parlare alla sposa, facendo un grande sforzo per assottigliare un po’ que’ loro vocioni terribili, usati a far sentire «l’all’erta» lontano un miglio; e Luisa accolse tutti con quel suo sorriso e que’ suoi modi soavi, senza staccarsi mai dal braccio del suo sposo, e girando collo sguardo intorno al viso di quei che le parlavano senza mai fissarli negl’occhi. Cesare stava osservandola mentr’ella riceveva i complimenti dei suoi compagni, con una curiosità, con un piacere, come se la vedesse allora per la prima volta.
— A tavola, amici, — esclamò il colonnello.