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il più bel giorno della vita. 477

la comitiva gli andò incontro. C’erano dei bersaglieri, dei soldati di linea, un soldato di cavalleria, due artiglieri: tutte le armi v’erano rappresentate. Chi col cheppì, chi col berretto, chi colla papalina, chi colla tunica, chi col cappotto, chi coi calzoni da soldato, chi coi calzoni da contadino; ognuno s’era messo indosso quel poco che gli era rimasto; tutta roba vecchia, scolorita e sdrucita, che mostrava la campagna del cinquantanove un miglio di lontano. Qualcuno aveva la medaglia della Crimea. Tutti giovanotti robusti, abbronzati dal sole, con un fare sciolto, fiero ed allegro. Dietro a loro veniva uno stormo di curiosi che si fermarono davanti alla porta.

— Avanti! gridarono tutti insieme, il colonnello, Cesare e i contadini.

I soldati vennero innanzi; furono ricevuti con ogni sorta di dimostrazioni festevoli, circondati, assordati; il colonnello si voltava di qua e di là, porgendo la mano ora all’uno ora all’altro; Cesare era tirato per le braccia da tutte le parti; le contadinelle ch’eran del numero degl’invitati, giravano intorno tutte strette in un gruppo, adocchiando i soldati, ridendo, parlandosi nell’orecchio, facendo ogni sorta di amabili vezzi; e chi batteva le mani in segno di allegrezza, e chi meravigliandosi guardava intorno a quell’apparato festivo, e chi tra i contadini riconosceva ed abbracciava congiunti ed amici; e tutti parlavano e ridevano insieme, facendo un gridìo dell’altro mondo.

In mezzo a quella confusione Cesare sparì.

Tutti gli altri continuarono a discorrere avvicinandosi alla porta della villa. Quel vecchio bianco e curvo, in mezzo a quel gruppo di giovani soldati, era bellissimo a vedersi; pareva il padre di tutti ed era pieno d’anima e di foco come il più vivo e più ardente di loro. Una parola a uno, una parola all’altro, un cenno di qua, un sorriso di là, teneva tutti a bada. E tutti lo guardavano,