Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
476 | il più bel giorno della vita. |
che stavano sotto il pergolato corsero anch’essi incontro ai soldati.
— Benvenuti, camerata! esclamò Cesare stringendo la mano a tutti e quattro. — Ecco il signor colonnello che vi ha invitati. —
I bersaglieri lo salutarono militarmente facendo il viso serio e ritenendo la mano alla tesa del cappello; egli li guardò fisso l’un dopo l’altro, tentando di rifare il suo antico cipiglio di quando voleva imporre ai soldati indisciplinati; poi sorrise e porse loro tutt’e due le mani dicendo affabilmente: — Qua, giovanotti. — Allora risero anch’essi, gli strinsero la mano, e cominciarono a parlargli con una franchezza così aperta e confidente che parevano suoi intimi amici da un pezzo. In un momento l’affollarono di domande, tutti ad una voce.
— Signor colonnello, noi non sappiamo proprio come ringraziarla.
— Lei è stato troppo buono con noi, signor colonnello.
— Perdoni, signor colonnello, è molto tempo che lei ha lasciato il servizio?
— Signor colonnello, che reggimento comandava?
— Fin dove arriva il suo podere, signor colonnello?
— Oh che bella villa!
— Guarda: ci sono le bandiere!
— E i palloncini coloriti.
— E le ghirlande.
— E la musica.
Erano entrati nel prato sette o otto sonatori coi flauti e coi violini.
— È questa la villa? — domandò in quel punto una voce dalla strada. Subito dopo comparve davanti al cancello un altro gruppo di dieci o dodici soldati. Tutta