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il più bel giorno della vita. 469


Istanti divini! Non v’è dolcezza umana che ne valga un solo. Alla piena della gioia che v’invade l’anima, par che la vostra povera creta non regga; la mente istessa non la comprende intera, e la travede a lampi, e non potrebbe fissarvi lungamente il pensiero. Si va innanzi compresi d’una specie di stupore, come sognando, quando par di attraversare sconosciuti giardini, folti di piante fantastiche e illuminati da luci arcane. Tutto par sogno: la gente che si ferma per vedervi passare; l’allegro bisbiglio dei parenti che vi accompagnano; quel lontano campanile della chiesa che par che vi guardi e vi aspetti; e i luoghi noti e le cose che sembrano animarsi per riconoscervi e mandarvi un saluto. — Guardate con chi sono! — dice il cuore. — Ella è mia, lo sapete? — E procedete a passo tremante, e vagate qua e là coll’occhio estatico; o guardate con un senso quasi di curiosità la piccola mano che s’appoggia sul vostro braccio, come se si fosse messa là a vostra insaputa; e prestate l’orecchio al fruscìo della veste, come al suono d’un bisbiglio misterioso; e provate una profonda dolcezza a sentirvi nel viso quell’alito caldo e frequente, e sul braccio il peso leggero di quella cara persona che tratto tratto pare che manchi e vi s’abbandoni sul fianco. E sopraffatti così da quella dolcezza, vorreste quasi affrettarne gli istanti, e giunger presto alla chiesa, chè vi sembra d’aver rapito al mondo un troppo grande tesoro, e qualcuno voglia ritorvelo, e v’insegua. E i vostri due visi, a quando a quando, si voltano, e gli occhi s’incontrano e s’abbarbagliano, e ogni cosa intorno s’oscura, e in quel rapido incontro non vedete più che quella pupilla umida che splende, vi fissa, v’affascina e si vela. E si muovon le labbra, si parla, di che? di nulla, di tutto. — Guarda. — Di’. — Cesare. — Senti. — Luisa. — Dio! — suoni sfuggiti all’in-