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il più bel giorno della vita. 467

entrai, la vidi, aprì la bocca per gettare un altro grido, non potè, agitò due o tre volte le mani in aria come una pazza, poi vacillò e mi cadde fra le braccia. La sera arrivarono i miei parenti, l’indomani partimmo per Valdieri ed eccoci qui da tre giorni; qui con quella cara e santa... Oh Dio! Eccola qui. —

Luisa era comparsa sotto la pergola, vestita da sposa, con un velo bianco sul capo e una veste di seta nera bene adatta alla sua vita esile e snella. Aveva il viso roseo e gli occhi umidi e dimessi, e nell’andatura e negli atti una compostezza piena di peritanza e di grazia. Le stavano da una parte il padre e la madre di Cesare, dall’altra il fratello, un ragazzo sui dieci anni; dietro un gruppo di parenti e di amici, tutti silenziosi.

— Signor colonnello,... essa mormorò timidamente facendo un inchino.

Poi si voltò allo sposo, vibrò un lampo dagli occhi, sorrise e chinò la testa.

Il colonnello, tuttora commosso dal racconto di Cesare, la guardò lungamente con un misto di curiosità e di tenerezza. Cesare si mise a contemplarla con quello sguardo avido degli innamorati che gira intorno alla persona e l’abbraccia e l’avvolge, come se volesse stringerla nelle sue spire e tirarla a sè. La madre e le altre donne la guardavano anch’esse con un’aria di compiacenza rispettosa, allungando di tratto in tratto una mano per accomodarle ora una piega del velo, ora del vestito. E tutti stavano zitti, e Luisa, confusa da tanti sguardi, cogli occhi bassi, col sorriso sulle labbra, fingeva di guardare un capo del velo che stropicciava tra le dita.

— ... Dunque, — uscì a dire dolcemente il colonnello così per rompere quel silenzio; — a momenti si va?

Gli sguardi dei due giovani s’incontrarono.