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il più bel giorno della vita. |
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capisce. Fu il giorno dopo che io scrissi la prima volta
a casa tutto quello che era seguito, manifestandole mie
intenzioni, e fu dopo quella lettera che lei ebbe la bontà
di occuparsi dei fatti miei e di aiutarmi. Quel che avvenne
poi lei lo sa. Io feci tutta la campagna col mio
battaglione. A San Martino, come le ho scritto, girando
pei campi dopo il combattimento, trovai tra i feriti
più gravi un bersagliere che mi parve di conoscere
e che portai io stesso all’ambulanza, dove morì appena
arrivato. Era il fratello di Luisa, che si era arrolato
volontario dopo cominciata la guerra, e avea toccato
una palla in un fianco. Prima di morire, mi riconobbe, mi
ringraziò, e mi raccomandò sua sorella. Povero giovane!
Finita la guerra, il mio battaglione andò a Torino. Là
seppi che una signora di Savigliano, sua conoscente,
avea preso a proteggere Luisa, e che Luisa stava bene,
benchè avesse molto sofferto per la morte di suo fratello
maggiore, e che il ragazzino andava a lavorare. La mia
classe fu congedata, e io partii subito per Savigliano,
dove sapevo che, per grazia sua, signor colonnello,
erano arrivati o stavano per arrivare mio padre e mia
madre. Arrivai la mattina per tempo. Era una bella mattinata
serena e fresca come quel giorno che avevo visto
Luisa per la prima volta. Corsi subito, così come ero vestito
da bersagliere, nella strada dietro l’ospedale. Essa
stava sempre là, non aveva voluto mai andarsene, benchè
la signora sua protettrice le avesse offerto di riceverla
in casa propria. Salii le scale a salti, col cuore che mi batteva
da rompersi; mi avvicinai in punta di piedi a quella
porta; una donna che era sul pianerottolo, e pareva
informata di tutto, mi fece segno che Luisa c’era; la porta
era socchiusa; accostai l’orecchio allo spiraglio; sentii
canterellare, era lei; tirai fuori la borsa e la gettai dentro
la stanza; il canto cessò, udii un grido acuto,