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il più bel giorno della vita. |
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compagnia, dal maggiore; m’interrogarono, interrogarono
i miei amici, e vennero in chiaro di tutto. Un soldato
che si batte con un signore non è affare di tutti i
giorni; la cosa fece chiasso per la città; per un pezzo
non si parlò d’altro; tutti, anche i miei superiori, lodavano
il coraggio e la forza che avevo avuto di resistere
tante ore alle ferite; tutti volevano sapere chi fosse quel
signore; tutti erano curiosi di conoscere la ragazza.
Dirle quanto mi rincresceva, quanto mi faceva male il
pensare che Luisa veniva così messa in piazza, come suol
dirsi, per causa mia, io non saprei dirglielo; n’ero disperato,
avrei dato metà del mio sangue Perchè non fosse.
Seppi dopo che quel giovane aveva una ferita grave nella
testa; poi mi dissero ch’era quasi guarito, e poi che se
ne voleva andare dalla città. Di Luisa non seppi più
notizia. Temevo che fosse malata, che fosse andata via,
poi m’immaginavo che suo fratello, a cagione di
quello ch’era seguìto, la maltrattasse peggio di prima,
e che quel signore, appena guarito, avesse ricominciato
a ronzarle intorno; vivevo in ansietà continua, e
stentavo a guarire, e la sera, debole com’ero che m’intenerivo
per niente, qualche volta mi veniva da piangere,
e facevo compassione a me stesso. Intanto stava per finire
l’inverno, e si cominciava a parlare della guerra. — Ci
fosse pure la guerra! pensavo; chi sa che non mi levasse
dal cuore questa disgraziata passione. — Dopo la
febbre mi eran venuti addosso cento altri malanni, e io
menava la più triste vita che si possa immaginare. Non
mi lasciavano neanche veder gli amici per paura ch’io
mandassi lettere o imbasciate per mezzo loro, e facessi
nascere nuovi guai, e volevano che tutto fosse
finito. Oh che brutte giornate, signor colonnello!... Ma
in una sera, in una sola sera tutto mutò. Era sull’imbrunire;
io stavo già a letto; ero più tristo del solito;