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il più bel giorno della vita. |
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d’avanzo per capire a cosa mirava. E poi il fratello
era un pessimo soggetto, capace di tutte le cattive
azioni. Si figuri dunque che cuore fu il mio, quando,
pochi giorni dopo, il ragazzo mi venne a dire che la
sera prima sua sorella e suo fratello s’erano litigati,
che lo avevano mandato fuori di casa per poter discorrere
tra loro, e che lui, dalla scala, avea sentito
il fratello parlar forte e con rabbia, e la sorella piangere
e rispondere: — mai! mai; — e che poi era seguito
qualche minuto di silenzio in cui non avea potuto capire
che cosa facessero, e infine s’era aperta la porta, e
n’era uscita Luisa bianca in viso che pareva una morta,
scarmigliata, e con una guancia livida. Il fratello l’aveva
picchiata, e lei non avea gridato per non farsi sentir dai
vicini. Mi si oscurò la vista, mi prese un tremito così
forte che mi pareva d’aver la febbre, mi sentii diventar
cattivo; se lì per lì avessi incontrato il fratello, lo
stritolavo senza dargli tempo di fiatare. Decisi di andarlo
a cercare, lui e il signore, e chiunque avesse
mano in quell’intrigo infame; ma poi mi frenai, e
pensai meglio d’aspettare anche un po’. — Va a dire
a tua sorella che si faccia coraggio, dissi al ragazzo, e che
c’è qualcuno che le vuol bene davvero, e che pensa
per lei. — L’indomani era giorno di festa, e avevamo tre
ore di libertà più del solito. Uscii solo e me n’andai a
passeggiare per la città. Camminavo circa da un’ora,
quando mi accorsi d’esser seguitato alla lontana da due
individui, due monellacci sullo stampo del fratello, due
faccie proibite. Feci le viste di non accorgermene.
Dopo un po’ di tempo vidi che a quei due se n’erano aggiunti
altri due, e che s’avvicinavano. — Ho capito, — dissi
tra me; — sono mandati; voglion tenermi a bada;
qualcosa questa sera deve seguire. — Stavo per uscir di
città, ritornai verso il centro, e affrettai il passo in