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il più bel giorno della vita. 455

quella povera disgraziata, sola, senza difesa, ridotta a campar di pane e a logorarsi la salute col lavoro. Oh! signor colonnello, se lei sapesse quel che provavo io, di notte, alle due, alle tre della mattina, quando passavo dietro l’ospedale colla pattuglia, e vedevo lassù al quarto piano quella finestrina illuminata, e pensavo che in quel momento lei era là che cuciva, al freddo, stanca Dio sa come, forse senz’aver mangiato!... Senta ora come mi sono fatto conoscere; è stato un caso. Una mattina il ragazzo mi viene a dire che sua sorella gli aveva chiesto chi era il soldato che gli dava il pane e i soldi. Guardi che combinazione! Io ero stato promosso caporale il giorno prima, e m’ero messo i galloni quel giorno stesso; mi è venuta quest’idea. — Va a dire a tua sorella, gli dissi, che il soldato che ti dà il pane è uno che si è messo i galloni oggi per la prima volta. — La sera esco, col cuore in trepidazione, la incontro, mi guarda, diventa rossa, poi ride, e si copre il viso col fazzoletto. Ah! lo creda, signor colonnello, io non ho provato una contentezza come quella; io ebbi quasi paura di perdere la testa.

Qui Cesare tirò un gran respiro. — Avanti, — gli disse subito il colonnello. Egli continuò:

— Ma era destinato che le mie contentezze durassero poco. Una mattina, andando in piazza d’armi col battaglione, vedo da lontano, in fondo a un vicolo, due persone.... due persone che non avrei mai voluto vedere insieme, quel tal signore e il fratello di Luisa che discorrevano. Se non mi cascò il fucile di mano fu un caso. Già lei si può immaginare quello che sospettai. E non mi potevo mica ingannare, perchè a giudicar dalla maniera con cui quel signore andava dietro alla ragazza, che aveva l’aria di dire: — Son sicuro del fatto mio! — e rideva e faceva lo sfrontato, ce n’era