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il più bel giorno della vita. |
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Oh! che buon giovane! — Oh! che buona ragazza! pensai
subito tra me, al primo vederla. Sa, signor colonnello,
ve n’è di quei visi che fanno dire così; appena
veduti si fanno voler bene; che so io? paion persone di
casa; si direbbe d’averle conosciute qualche altra volta.
Basta, non ne feci caso e tirai avanti per la mia strada.
Ma ricordo che era una bella giornata, e faceva un fresco
ch’era un piacere, e tutta la gente pareva allegra, e
non so come, ma tutto in un momento mi parve d’esser
contento anch’io. Ora senta che cosa m’è seguito una
settimana di poi. Si faceva una festa a un santuario poco
lontano dalla città. Io e due miei compagni ci andammo.
C’era moltissima gente. Sul tardi, mentre tutti tornavano,
in un punto dove la strada faceva un gran giro, uno dei
miei camerata domandò: Prendiamo una scorciatoia?
Prendiamola, si rispose. Bisognava saltare un fosso largo
un quattro metri per lo meno. La gente fa un po’ di posto,
il primo prende la rincorsa, spicca il salto, e va a cascare
proprio sull’orlo della sponda, che un palmo più
indietro gli era dentro. Il secondo salta anche lui, ma
batte in terra colle ginocchia. Salto io, e piombo di là
un buon passo d’avanzo, dritto come un fuso. — Bene!
Bravo! Svelto quel giovane! — dicono dall’altra parte. Io
mi volto, e in mezzo a tutti quei visi che mi guardavano,
rivedo quel tale, quel della ragazza, un po’ chinato
da una parte e che sorrideva, proprio come la prima
volta. Allora mi sono sentito un po’.... Da quel tanto
che ho potuto travedere, perchè era mezzo nascosta dalla
gente, e poi non mi venne più fatto di ritrovarla, mi
è parso che fusse una povera ragazza. Tutta la sera,
tutta la mattina del giorno appresso non me l’ho potuta
levar dalla testa. — Dove l’ha la testa il numero
sette? mi gridava il sergente in piazza d’armi. — A
momenti lo consegno. — Quella parola «lo conse-