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il più bel giorno della vita. | 445 |
finestre a terreno una voce d’uomo che legge forte; ma per lo più v’è un silenzio profondo. Quella casina solitaria, mezzo nascosta dagli alberi, chiusa, queta, par che dica a chi le passa davanti: — Zitto!
Ma fu un giorno, dieci anni fa, in cui si vide quella villa stranamente mutata. Fin dalla mattina per tempo tutte le finestre erano spalancate; spenzolavano dai davanzali ghirlande di fiori campestri; dalla finestra di mezzo sporgeva una bandiera tricolore; quattro bandierine sventolavano ai quattro angoli del pergolato; molti palloncini di carta colorita, di quei che s’usano per le luminarie, pendevano dai rami dei quattro castagni; nel piccolo prato, lungo la siepe, panche, seggiole e tavolini; sulla strada, davanti al cancello, una schiera di ragazzi accorsi dalla campagna, che stavano guardando colla bocca aperta.
Perchè tutto questo?
Un momento; bisogna prima conoscere il padrone di casa; egli è là, sotto il pergolato, seduto dinanzi a un tavolino, e scrive. Si è levato per tempo, come vedete; non sono ancora le sei della mattina. Egli non ha perduto le abitudini della vita di soldato. Era colonnello; ora è in ritiro, e passa qui nella quiete della sua villa que’ pochi anni di vita che gli rimangono; perchè è vecchio, quasi ottuagenario, e ha molto faticato e patito; da soldato a colonnello, figuratevi! Ma badate; non è mica uno di quei soliti colonnelli in ritiro che si veggono nelle commedie e nei drammi, tutti fatti sul medesimo stampo, con quei baffi irsuti, con quel cipiglio, con quel vocione. No, egli è mansueto, egli è sereno, e di quella serenità aperta ed uguale, che si dà in pochi vecchi; in quei soli ne’ quali alla letizia naturale dello spirito s’unisce quella più profonda che sorge dalla coscienza d’una gioventù ordinata e d’una virilità operosa ed onesta; se-