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436 | una morte sul campo. |
il cuore come noi adesso, pochi giorni dopo ch’egli è morto, e diranno tutti ch’egli è stato un valoroso, e lo ameranno e lo benediranno come un fratello lontano.... Sì, sì, piangete pure adesso; adesso potete piangere; anzi, piangete qui, voglio che me la bagniate del vostro pianto questa divisa; qui, qui....
E ciò dicendo, ricinse colle braccia e si serrò sul petto la bianca testa del vecchio, e se la tenne un pezzo così. I figliuoli piangevano.
L’infermo spossato dalla lunga e profonda commozione, appena sciolto dall’abbraccio, abbandonò la testa sul guanciale, e disse con voce fievole e interrotta:
— Grazie, capitano; grazie dal più vivo del cuore. Le vostre parole m’hanno fatto un gran bene. Mi pare che il mio cuore si sia sollevato d’un gran peso. Mi par quasi di non soffrir più. Mi avete dato un gran conforto, mio buon capitano.... vi ringrazio. —
E socchiuse gli occhi e riposò così qualche tempo che parea che dormisse. In questo mentre, tutti e tre i fratelli erano andati l’uno dopo l’altro nella stanza vicina ed eran successivamente tornati tenendo ciascuno un braccio dietro la schiena. Da ultimo, anche il capitano avea preso quell’atteggiamento. L’infermo non s’era accorto di nulla.
— Capitano! — disse finalmente, riscotendosi.
— Signore?
— Egli era vostro sergente.
— Sì.
— Allora.... forse.... voi avrete qualche suo scritto, qualche lettera.... o qualche.... — e non trovava la parola.
— Rapporto, volete dire?
— Appunto; l’avete, capitano?
— Ne ho; ne ho molti; appena arriverò a Torino