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una morte sul campo. 435

bocca guardando il luogotenente come se volesse dirgli qualche cosa. — Che cosa vuoi, bravo soldato? — il luogotenente gli domandò con una voce piena di affetto e di slancio, — che cosa vuoi? — Allora egli alzò le braccia e giunse le mani come per far l’atto di abbracciare. Il luogotenente ebbe una buona idea, battè la mano sulla bocca del cannone e poi gli domandò: Questo? — Sì! sì! sì! parve ch’egli volesse dire scotendo la testa e dando segno d’una vivissima gioia. I due soldati lo alzarono fino al cannone, egli lo ricinse colle braccia, vi si serrò sopra col petto, mandò un grido e.... morì.

Il padre che fino allora era stato a sentirlo con una commozione sempre crescente, stringendogli convulsamente ora la mano, ora la sciabola, ora le falde della tunica, e palpandogli le spalle e le braccia come avrebbe fatto un cieco per riconoscerlo, a quell’ultime parole ruppe in un singhiozzo violento che avea insieme del riso e del pianto; i suoi occhi s’infiammarono e tutto il suo volto s’illuminò d’una gioia superba.

— .... La vista di quella morte da eroe — proseguì con accento appassionato il capitano — ci rapì d’entusiasmo. Il luogotenente afferrò con tutt’e due le mani la testa di vostro figlio, e fissandogli gli occhi negli occhi come s’egli fosse ancora vivo, gridò due volte quasi fuor di sè stesso: Caro! Caro! — Viva! proruppero ad una voce tutti i soldati, ed io gridai: — Salutatelo, — e tutti levarono la mano al berretto e lo salutarono, e ripeterono tutti insieme: Viva!

Il vecchio diede in uno scoppio di pianto.

— Sì, sì, — continuò il capitano sempre più concitato; versatele pure queste dolci lacrime; queste vi fanno bene; versatele; egli è l’orgoglio della nostra batteria; non sarà dimenticato mai più; fra vent’anni, i nostri soldati, pronunziando il suo nome, si sentiranno battere