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una morte sul campo. 433

Vostro figlio ne fece le veci; afferrò egli stesso la ruota di sinistra. — Coraggio! gridava: forza! forza! — Ma il tratto di terreno che dovea percorrere il suo pezzo era smosso; le ruote affondavano; lo sforzo che si dovea fare per ismoverle era tremendo; quei cinque bravi soldati facean la forza di venti; si vedevano i muscoli di quelle mani e di quei colli rilevarsi e tremare che pareva volessero lacerare la pelle; eran color di fuoco, grondanti sudore, trasfigurati. Coraggio! dicevano i soldati e gli uffiziali d’in sulla vetta del colle. E gli artiglieri, sbuffando, gemendo, raddoppiavano gli sforzi. Già ci sentivamo alle spalle il passo pesante della colonna nemica e le voci animatrici degli uffiziali; una catena di cacciatori spinta innanzi dalla colonna nemica di sinistra ci tempestava di palle, eravamo quasi sulla vetta.... In quel punto egli fu ferito!

— Dove? dove ferito? — domandò ansiosamente il povero vecchio come se sentisse per la prima volta quella notizia.

— .... Alla gamba.

— Oh! E in che punto?

— .... Qui, — rispose il capitano indicando alla sfuggita il polpaccio della gamba destra. — Appena ferito, si voltò un istante a guardar la gamba e gridò: nulla! nulla! animo, forza; e seguitò a spingere la ruota.

— Bravo! — interruppe con voce ferma e sonora il malato.

— Oh sì! bravo davvero; e in fatti i soldati ch’eran là presso gli gridarono: Bravo! I cinque valorosi fecero un ultimo sforzo, spinsero il cannone fin sulla vetta e mandando un altissimo grido: È salvo! caddero spossati a terra. Si rialzarono però subito....

— Ma non si rialzarono tutti! — esclamò il vecchio

coprendosi il volto colle mani; — oh lo sapevo!


De Amicis 28