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432 | una morte sul campo. |
e un altissimo grido; una palla avea spezzato la ruota d’un cannone e stesi a terra, sformati, due cannonieri.... Non era il cannone di vostro figlio.
Il vecchio respirò come se gli restasse speranza che suo figlio vivesse.
— A quella vista, mi ricordo che vostro figlio si diede un gran colpo della mano sulla fronte e mise un grido di dolore. Non eravamo però ancora ridotti in condizione disperata; avremmo potuto star fermi al nostro posto ancora per un pezzo; ma due nuovi cannoni nemici si vennero ad aggiungere ai primi quattro; le colonne austriache ricominciarono ad avanzarsi; noi non potevamo restar più a lungo in quel punto. Improvvisamente sentimmo dietro di noi un rumore confuso di passi, di voci e di armi, e vedemmo due battaglioni schierarsi in fretta sulla cresta della collina nell’attitudine di respingere un attacco. Fra la cresta e noi, il terreno, come dissi, s’avvallava; perciò alla fanteria non conveniva di avanzarsi fin sulla nostra linea; toccò a noi a retrocedere. La colonna del mezzo veniva innanzi molto rapidamente. Aspettai che giungesse a tiro e comandai: — Tiro a mitraglia! — Al comando di «fuoco» si udì come uno scoppio di tuono accompagnato da un sibilo orrendo, si sollevò un gran nuvolo di polvere che ci nascose la colonna, e poi subito scomparve, e vedemmo nelle file dei nemici uno sgomento, una rotta, uno scompiglio d’inferno. Ma era tardi. I nemici, così com’erano sparpagliati e confusi, continuarono audacemente a salire; non c’era tempo da perdere, bisognava salvare i cannoni. I cavalli non bastavano: — A braccia! io gridai; indietro! — Trenta braccia vigorose afferrarono subito le ruote, gli orecchioni, le bocche, e cominciarono a spingere indietro i cannoni. Al cannone di destra mancava un artigliere;