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428 | una morte sul campo. |
lui, ed esclamò dolorosamente: — Ah, capitano! capitano! — Questi accorse, lo abbracciò e gli disse affettuosamente: — Coraggio, caro signore.
Il figliuolo maggiore e il piccino si misero da un lato del letto e il secondogenito dall’altro. Il padre aveva abbandonato la fronte sul braccio del capitano e piangeva. Per un po’ di tempo nessuno fiatò.
Tutto ad un tratto, il malato si sciolse da quell’abbraccio, alzò la testa e rasciugandosi gli occhi disse con accento risoluto: — Capitano.... voi eravate là quel giorno; voi avete veduto;... ditemi.... raccontatemi.... io voglio saper tutto; sarò forte.... mi sento forte.... starò a sentire senza commuovermi...., senza interrompere....; ma voglio che non mi si taccia nulla...; voglio saperlo, io.... ho bisogno di saperlo in che modo.... (e qui il pianto gli fe’ intoppo alla parola).... in che modo è morto.... il mio povero figliuolo!
E nuovamente abbandonò la testa sul braccio del capitano e scuotendola in atto sconsolato esclamò:
— Era tanto giovane!
— Ma ora è tanto grande!
A queste parole il povero vecchio si scosse, alzò la testa, e guardò fiso il capitano; e a misura che lo guardava, il suo volto lacrimoso assumeva una espressione gradatamente più viva di serenità e di alterezza, e gli si animavano gli occhi, e andava ritraendo a poco a poco il braccio di sulla spalla dell’uffiziale, come se il nuovo pensiero ond’ei pareva occupato bastasse a tenergli vece d’ogni sostegno e d’ogni sollievo. Questo pensiero, che fino allora era rimasto come ravvolto e addormentato nel dolore, sorse tutt’ad un tratto nella sua mente, e gli diede un subito e inatteso sentimento di fiero conforto, e gli sviluppò nell’animo una forza di cui non si sarebbe mai creduto capace. — Tanto