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una morte sul campo. 425


— Dorme — disse il fratello più grande; — ma sta assai meglio.

— Mi fa proprio piacere, — rispose il capitano mettendosi a sedere; e i due giovani sedettero anch’essi, avvicinando le seggiole in modo da poter discorrere a voce bassa.

— Credono che gli si potrà parlare senza pericolo?

— Oh adesso sì — risposero ad una voce i fratelli, — adesso non c’è più pericolo....

— Ne godo. Ma se credessero il contrario, io li pregherei di dirmelo francamente; non vorrei, sperando di venir qui a portare un po’ di consolazione, essere invece la causa di un male maggiore. Piuttosto, sentano: di qui a Torino c’è poco; fra tre o quattro giorni potrei fare una scappata di qualche ora.

— Oh troppo buono! — esclamarono i due giovani stringendogli la mano — grazie di tutto cuore; ma in verità non occorre che ella s’incomodi un’altra volta per noi. Nostro padre sta veramente meglio. E poi s’egli fosse un altr’uomo da quello che è, forse, anche vedendolo star meglio, ci sarebbe da esitare.... Ma ci creda, signor capitano; egli ha un cuore tanto mai capace di sentire una consolazione della natura di quella che lei gli porta da non lasciar dubbio sull’effetto che gli faranno le sue parole. Ha un buon cuore di padre, ma anche un ottimo cuore di cittadino....

— Oh lo credo. —

In quel punto s’aprì una porta e comparve un bel ragazzino biondo, che poteva avere una diecina d’anni o poco più. Visto il capitano, fece l’atto di tornare indietro.

— Vieni qua — disse uno dei fratelli. — Il ragazzo venne innanzi.

— Questo è il nostro fratellino.