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partenza e ritorno. 413

stizza; — non la chiamare così; sono state quattro marcie mal fatte e quattro schioppettate mal tirate. —

Io tacqui. Egli continuò serio serio: — Avvezzati a tenere il reggimento per la tua vera famiglia. —

Io continuai a tacere. E lui:

— Tu, per indurirti un po’ codesto cuoricino di cera, per diromperti un po’ alla vita del soldato, che non sai ancora cosa sia, lasciatelo dire, avresti bisogno di fare una campagna nelle Indie almeno almeno di cinque anni. —

Ed io zitto. E lui ancora:

— Tutta questa impazienza, tutto questo gran bisogno di riattaccarsi al grembiale della mamma, è molto antimilitare. —

Io sempre muto. Seguì una breve pausa, ed egli soggiunse raddolcendo appena sensibilmente la voce:

— Ho parlato col tuo colonnello; t’ha dato un congedo di cinque giorni; puoi partire anche subito. —

Caddi dalle nuvole; volli ringraziarlo, esprimergli tutta la mia riconoscenza, dirgli che gli andavo debitore d’una gran felicità, che mi sarei ricordato sempre.... Mi troncò la parola in bocca dicendomi che partiva subito; si accomiatò, e giunto sulla porta si voltò ancora una volta indietro per dirmi:

— Sii soldato. —

E se n’andò. Feci un salto da sfondare il pavimento, e urlai: — Remigio! — Remigio venne. — Fammi la valigia, subito. — Quando seppe dove andavo, ne parve più contento di me: — Che festa, figuriamoci, per la sua signora madre! Mi par di vederla. — Metti dentro l’immagine di Santa Teresa, i fiori secchi, l’astuccio e i sigari — io gli dissi. Egli mi guardò meravigliato. — Ah! tu non sai dove siano! Eccoli qua. — E aperta una cassettina che tenevo sempre chiusa, vi presi e gli porsi