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34 l’ospitalità.


Questo racconto durò un buon quarto d’ora. Frattanto egli ritornò in sè interamente e riprese una parte delle forze smarrite. Ma a misura che la sua mente si rischiarava ed egli acquistava conoscenza viva e distinta del luogo dov’era e delle persone che lo circondavano, vieppiù s’accresceva il suo imbarazzo, la sua timidità e la sua confusione, e rispondeva alle domande balbettando e arrossendo come un bambino.

Essendo ora di cena, la donna di casa, in quel frattempo, aveva apparecchiato, senza che il povero ospite, confuso e sbalordito come era, se ne fosse avveduto. Ad un tratto, il padrone fe’ un cenno e tutti s’alzarono e si accostarono alla tavola. Il soldato si alzò anch’esso, diede una rapida occhiata alla mensa e alle persone, e si rimise subito a sedere abbassando gli occhi e vergognandosi d’aver guardato.

— Ci abbiamo a mettere a tavola? — gli disse amabilmente il padrone, facendoglisi accanto.

— Ah! è vero! — pensò il soldato, e si rizzò in piedi di scatto, e mormorando qualche parola di scusa si mosse per uscir dal salotto.

— Dove andate? — domandò vivamente il padrone. Tutti gli altri si guardarono in atto di sorpresa: il soldato si fermò e si volse indietro.

— Dove andate? — ripetè il padrone.

— Mi hanno detto che si mettono a tavola... — quegli rispose timidamente.

— Sì; ebbene, sedete a tavola con noi. —

La sorella del padrone allungò il labbro di sotto; il soldato rimase a bocca aperta.

— Sicuro, a tavola. Sedete qui, se non vi spiace. — E con una mano scostò una seggiola dalla tavola e coll’altra gli fece cenno che sedesse.

— Ma... domandò il soldato ripiegando ambe le