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partenza e ritorno. 407

— È mia! — esclamo misurando in lungo e in largo la camera a passi lenti e gravi, e girando lo sguardo sulle pareti. — È mia; me la pago e me la passeggio e me la godo e tengo tanto di chiave in tasca! — La prima sera, nell’atto di salir sul letto, ho provato una certa peritanza, una certa soggezione; mi pareva d’essere un contadinaccio penetrato segretamente in un salotto di signori, e che da un momento all’altro mi dovesse calar sulle spalle una tempesta di bastonate. Poi, quando ho messo il ginocchio sulla sponda e l’ho sentita dar giù, credetti di cadere, mi trattenni, sorrisi e risalii, con una sorpresa, con un piacere, che mi ricordò quello che provavo da ragazzo aprendo la scatoletta da cui saltava fuori il mago sabino con quella gran barba. Che sonno delizioso! Che allegro svegliarsi!... Una camera! Ma io sono un re; voglio spassarmela, voglio fare il giovin signore; voglio goder la vita. Ho già cominciato. Mi son fatto portare il caffè a letto; mi son levato e vestito lemme lemme, sbadigliando voluttuosamente e domandando ogni momento del tempo e dell’ora; ho avuto l’impertinenza di mandarmi a chiamare un barbiere del paese, e di riceverlo sdraiato sulla poltrona, e di accendere un sigaro e di aprire un libro.... Gran bella cosa nuotar negli agi e nelle morbidezze! Cara, lo crederesti che io amo tanto la mia cameretta da curare la disposizione simmetrica delle seggiole? Tu riderai; eppure.... Adesso comincio a rendermi ragione del perchè e del come voi altre donne amiate tanto la casa; non ti burlerò più per quella tua cura religiosa che tutto sia al suo posto, pulito, lucido. Quante cose insegna la tenda! —

Risposta: — Per capir certe cose non ci dovrebb’essere bisogno della tenda, mi pare! Dormi colla finestra chiusa; non son più giorni da pigliar aria i primi di set-