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394 | partenza e ritorno. |
peva con voce di pianto: — Oh sì, sì, non è arrivata in tempo! Chi lo dice? Chi lo può sapere? La carta? Cosa prova la carta? Non basta la carta. Intanto son passati tre giorni e non m’ha ancora scritto, e se non fosse seguìto nulla io saprei qualche cosa, e questo vuol dire che la divisione è arrivata in tempo, e che lui ci è stato, e che.... Oh figliuolo mio! Oh mio Alberto! mio povero Alberto! —
E battendosi le mani sulla fronte rompeva in pianto dirotto.
— Signora! Signora! — esclamavano ad una voce gli altri due — si calmi, per carità, si calmi; non sarà seguìto nulla, non può esser seguìto nulla!... Ce lo creda; il suo amore materno...
— Dio mio! — gridava mia madre, con un accento d’angoscia quasi disperata; — Dio mio! il mio amore materno! Ma se non ha scritto! Ma se due mie amiche che hanno un figliuolo ufficiale ne han già ricevuto notizia! Ed io no! io niente! Oh Erminia! — Mia sorella accorreva: — Che c’è?
— Signora!...
— Alberto! Alberto!
— Dio mio! Che è seguìto?
— Una disgrazia! Io la sento! Io morirò! Presto, un telegramma al colonnello, che dimandi, che cerchi, che sappia dire qualcosa, che mi tolga questa disperazione dall’anima, che....
Una sonata di campanello. — Silenzio. — Ecco la donna di servizio.
— Signora, una lettera.
Mia madre si slancia sulla donna, le strappa la lettera, la guarda, manda un grido, la riguarda, se la preme sul cuore con un gesto convulso, ansa, sorride, leva gli occhi al cielo ed esclama: — Grazie! Grazie! —