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partenza e ritorno. 389

adorata! Il cielo mi consenta di rivederti, o di morire così nobilmente, che l’orgoglio d’essermi madre t’alleggerisca il dolore d’avermi perduto.

— Adesso a noi! — dissi volgendomi vivamente al mio vicino e battendogli una mano sul ginocchio.

Il vicino immerso sino allora nella malinconia d’un abbandono amoroso, si scosse tutt’ad un tratto, e gridò forte anche lui: — Viva la guerra! —

E tutti gli altri: — Fuoco ai sigari! —

In un momento la carrozza fu piena di fumo, di strepito e d’allegria.

in campagna.

A questo punto trovo nel libro una lunga serie di lettere d’Alberto, e accanto a ciascuna la risposta della madre attaccata al foglio. Dall’esame dei caratteri della madre si potrebbe cavar la storia della guerra; il tremito della sua mano è certo il più sicuro indizio degli avvenimenti. Su per giù, le sue lettere dicon sempre lo stesso, è naturale; ma in quelle del figliuolo c’è qua e là qualcosa da notarsi. E io noterò questo qualcosa, che riuscirà come una cronaca slegata, incompleta, ma schietta e viva delle varie vicende, o, meglio delle varie impressioni che alcune tra le vicende della guerra lasciaron nell’animo del mio amico.

Do la mia parola ai lettori che copio letteralmente.

Piacenza, 8 maggio.

.... Piacenza sembra una caserma; c’è più soldati che cittadini, e più medaglie che soldati; a ogni passo incontro qualcuno che n’ha il petto coperto; a ogni svol-