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partenza e ritorno. 383


— Perchè? — domandai.

Essa senza dir nulla me la toglie e la mette nel baule.

— Mamma.... me la debbo mettere. — Non risponde: va nell’altra camera. Altro respiro affannoso: piange mia sorella maggiore.

Mia madre torna con una magnifica sciarpa di seta, me la mette al collo e mi dice: — L’ho fatta nell’ore che tu eri in piazza d’armi.

— Mamma! — e giunsi le mani in atto supplichevole come per dire: — È troppo! — Ella voltò la testa dall’altra parte.

L’ordinanza guarda mia madre cogli occhi lucidi.

— C’è tutto — essa dice guardandosi intorno. Breve pausa, e poi.

— Si può chiudere. —

Abbassa il coperchio, preme colla mano, non riesce a chiudere; preme col ginocchio respingendo coi gomiti chi la vuole aiutare, le scivola un piede, vacilla.... — Ma, mamma! ma cosa fai! — esclamiamo tutti noi sorreggendola.

Picchiano: è il portinaio che viene a prendere il baule.

— Già qui? — esclama mia madre volgendosi in tronco, con un accento di spiacevole sorpresa.... — Prendete.

Il portinaio si mette il baule in spalla.

— Alla Caserma di Porta Susa — dico io.

— So dov’è — egli risponde avviandosi.

— Fermatevi! — esclama improvvisamente mia madre; quegli si volta.

— Badate.... — e cerca qualcosa da dire; badate di non lasciarlo cadere.

— Non dubiti. —