Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
380 | partenza e ritorno. |
bisogna che sia in quartiere; a momenti verrà l’ordinanza; intanto bisogna cominciare; animo.... —
E dopo un istante, vedendo che mia madre non si moveva: — Dunque?
— Ah! — diss’ella, come riavendosi da uno stordimento. — Eccomi pronta. Erminia! —
Mia sorella comparve subito.
— Parte — le disse in fretta mia madre; — bisogna mettergli al posto la roba; è tutta pronta, non è vero? Oh bene. Adesso.... aspetta. Dov’è il baule? Ma no; è meglio prima.... guarda.... o piuttosto.... —
E guardava di qua e di là come smemorata. — In queste occasioni, è fatta apposta per perder la testa quella povera donna. — Dunque? domandò poi, per levarsi d’impiccio, a mia sorella che stava lì anch’essa immobile e come trasognata.
Ah! — rispose scuotendosi ella pure tutt’ad un tratto; — Presto, sì, bisogna sbrigarsi. —
E corsero tutt’e due nell’altra camera.
Una scampanellata; apro: è l’ordinanza. — Eccomi! — esclama trafelando.
— Maria! — grida mia madre tornando in fretta. La donna di servizio accorre.
— Andate a chiamar subito mia figlia. Passando, dite al portinaio che venga a pigliare il baule. Fate chiamar Ettore qui al caffè vicino. Che vengan subito tutti. Presto. —
L’ordinanza porta il baule sul terrazzino; il rumor del baule chiama alla finestra la ninfa languida; la ninfa languida chiama alla finestra la cuoca purpurea; l’atto impetuoso con cui la cuoca purpurea spalanca la finestra chiama sul terrazzino gli altri vicini.
Intanto mia madre andava e veniva senza concluder nulla.