solo nella mia camera, seduto a tavolino, col lume davanti,
e fantasticando più stranamente del solito, supponevo
di essermi levato a sì grande altezza da abbracciar
collo sguardo il paese intero, monti, valli, fiumi,
foreste; e sentivo e vedevo in tutte le città le strade
brulicare di popolo, e le piazze d’armi sfolgorare di
baionette; e dalle fortezze, dagli arsenali, dai porti,
uscire un suono confuso di armi e di canti, lo strepito
cupo d’un lavoro concitato, febbrile; e per le strade
ferrate, convogli sterminati, pesanti, lenti, percorrere
il paese in tutte le direzioni, incontrandosi, incrociandosi,
inseguendosi, salutati a festa dal popolo della
campagna accorrente, e fermarsi qua e là, e versar cannoni,
carri, cavalli, onde d’armati; e ad un tratto scoppiare
concordemente da tutte le parti un formidabile
frastuono di tamburi e di trombe, e da ogni città spuntare
e allungarsi per la campagna le colonne dei reggimenti,
convergere, congiungersi due a due, tre a tre,
e avanzar lentamente verso i confini, incoronando le
alture, serpeggiando lungo i fiumi, allagando le valli,
spiegandosi in immense linee di battaglia sui piani; e
sui monti del Tirolo, dal Lago di Garda su su a perdita
d’occhio, rosseggiare in mille punti le bande dei
volontari, inerpicarsi, precipitar giù per le chine,
sparir nei burroni, riapparire in vetta alle rupi; e intanto
tutta la vasta pianura lombarda popolarsi di tende
e di parchi, risonar di musiche e di grida; e poi calare
la notte, e tutto quetarsi; e finalmente, al primo chiarire
d’una bell’alba di primavera, un nuvolo di cavalieri
spiccarsi colla rapidità del fulmine dal quartier generale,
spargersi in tutti i sensi, e propagare un grido
di campo in campo; e tutto l’esercito rimescolarsi violentemente,
e riordinarsi, e avanzare.... E qui l’immaginazione
non potendo abbracciar tutto il quadro della