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durante il colèra del 1867. |
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malevoli che se nelle congiunture della vita ordinaria
v’è fra gli uni e gli altri una divisione rigorosa e inalterata,
ciò non proviene dal proposito spontaneo di ogni
ufficiale, ma da una convenzione, da una norma generale
dettata dalla necessità della disciplina e da tutti riconosciuta
necessaria per intuizione o per esperienza.
Ciò compreso, dovevano naturalmente sparire tutti
quegli astii e quei rancori che soglion sorgere nell’animo
dei soldati riottosi contro gli ufficiali austeri
e inesorabili; rancori che, per lo più, un falso amor
proprio produce, e la diffidenza e il timore alimentano;
e sparirono in fatti. Dinanzi a quel continuo spettacolo
della sventura, in mezzo a quella unanimità solenne di
affetti e di voleri, ognuno capì chiaramente quanto gli
odi e i risentimenti personali fossero ingenerosi e meschini,
e se li sentì svanire dal cuore senza bisogno di
combatterli o di far forza a se stesso. Di più, per lungo
tratto di tempo gli uffici e le operazioni della truppa
erano stati di tale natura, che gli ordini dei superiori
venivano a coincidere, non solamente nella sostanza, ma
anco nella forma, coi più semplici precetti della religione,
insegnati dalle madri ai fanciulli nella più tenera
età. Certi discorsi tenuti dagli ufficiali ai soldati si sarebbero
potuti ripetere parola per parola da un oratore
sacro sul pergamo, e certi ordini del giorno dei colonnelli
erano squarci netti e pretti di vangelo. Non era
però possibile che neanco i soldati più tristi e più in
colti si ribellassero agli ordini dei superiori, o ne ponessero
in dubbio la rettitudine, o ne discutessero l’opportunità,
o disconoscessero il dovere dell’obbedienza.
Quindi a poco a poco al sentimento della disciplina
s’era, per così dire, sostituito quello della religione, e
ciò che si sarebbe fatto a malincuore per obbligo,
si facea di buon animo per impulso di carità. Per altra