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l’ufficiale di picchetto. 27

giusto io. — Se gli avvicina, lo afferra per ambe le braccia e gli dà una scossa così gagliarda che ne trema il suo letto e quello dei vicini. Il russatore si scuote, si desta, intravvede, comprende, un calcio alle coperte, un grido, un salto, è in piedi col guanciale nelle mani, e giù sulla nuca all’importuno una botta da orbo. Questi gli rende la pariglia; il primo incalza; un terzo accorre in sostegno del più debole; un quarto vola in difesa del primo; s’impegna la zuffa; tutti balzan dal letto; cresce il baccano; il lume si spegne; le schiere si confondono; un vetro è andato in pezzi; un altro; gli zaini vengon giù dalle assicelle, le lenzuola giù dai letti, i fucili giù dalle rastrelliere... Il povero sognatore stordito, convulso, cieco d’ira, sta per mandar fuori un grido poderoso che copra quel frastuono d’inferno e inarca la persona per slanciarsi in mezzo alla mischia...

In quel punto sentì bussare gagliardamente alla porta, e gli parve che una voce lo chiamasse per nome. Palpitante, esterrefatto, tutto grondante di sudore, si levò faticosamente a sedere, tese l’orecchio, trattenne il respiro. — Tenente! tenente! il capitano d’ispezione, — disse un’altra volta quella voce.

— Dio mio! presto, le calze, le calze; dove sono le calze? No, non importa; i calzoni... dove sono? Ah! eccoli... presto. Le scarpe, ih! non possono entrare; su, su, su, ci sono. La tunica; un braccio, un altro... la tunica c’è. La sciabola... Ma dov’è in nome di Dio questa sciabola? La sciarpa, adesso, la sciarpa, va a trovare la sciarpa... Eccola qui; ah! finalmente...

E così vestito alla carlona, colla tunica sbottonata, senza calze, senza cravatta, senza mutande, s’avventò trafelando alla porta, l’aperse, guardò intorno e lo vide... Vide il capitano d’ispezione, dritto, immobile, rigido, colle braccia incrociate sul petto e la tesa del ber-