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336 | l’esercito italiano |
lito Viola, e disperse la folla che ricominciava a tumultuare. Ma i più furibondi si rinchiusero precipitosamente nelle case e fucilarono dalle finestre i bersaglieri, due de’ quali caddero feriti e per poco non fu morto il maresciallo. Allora i bersaglieri, inaspriti da quella resistenza ostinata, abbatterono le porte delle case, vi si gettaron dentro, sorpresero i ribelli colle armi alla mano.... e risparmiaron loro la vita. E così finì la sedizione di Longobucco, nella quale è da notarsi che le maggiori scelleratezze furon commesse dalle donne.
In Ardore, comune di Geraci, v’erano sei carabinieri e ventiquattro soldati del 68º reggimento di fanteria, comandati dal sottotenente Gazzone. La mattina del 4 settembre il popolo si armò e si affollò fuor del paese al grido di «morte agli avvelenatori!». Quando si parve in numero bastante, irruppe nel paese. Il Gazzone, fidando nella simpatia che il popolo gli avea dimostrato in più d’un’occasione, mosse benignamente incontro alla moltitudine e tentò di quetarla con buone parole; gli fu risposto con due palle nel petto che lo stesero a terra cadavere. Non dirò quel che del suo cadavere si fece per non aggiungere orrori ad orrori. I soldati assaliti alla spicciolata, impotenti a resistere, ebbero appena il tempo di riparare nella caserma dei carabinieri, nella quale fin dalla mattina s’eran rifugiate tre famiglie di nome Lo Schiavo, a cui la popolazione, tenendole ree di veneficio, aveva incendiate le case. Una immensa folla si accalcò dinanzi alla caserma e chiese con grida spaventevoli che le fossero dati nelle mani gli avvelenatori. Il capo di quelle famiglie, il vecchio Lo Schiavo, ebbe il coraggio di affacciarsi a una finestra e di là, colle mani giunte, lacrimando e singhiozzando da straziare il cuore, supplicò la turba di risparmiare almeno il sangue delle donne e dei fanciulli. Gli fu risposto che