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durante il colèra del 1867. 335

rone; giunsero in gran fretta nuovi soldati e tutti insieme, dopo lunga fatica, riuscirono a raccogliere quindici guardie nazionali con cui s’aggirarono tutta la notte pel paese e per la campagna, ogni momento minacciati o assaliti. Finalmente riuscirono a ristabilire la quiete. — I sediziosi avevano attaccato a una casa del paese un proclama che cominciava così: «Coraggio! Su via, coraggio, compagni! Non desistete dai vostri proponimenti, non siate vigliacchi; ma vindici dell’onor patriotta; temete forse un pugno di soldati? Sbaragliateli e fugateli; a terra le vili e obbrobriose trame governative; spezzate i micidiali vasi del veleno che i vostri superiori, esecutori infami di necronomici decreti reali, gentilmente apprestano al vostro labbro.» Testuali parole.

A Longobucco, provincia di Rossano, morì di colèra verso la fine di luglio un tal Giuseppe Citini. La plebe lo credette morto di veleno; irruppe armata mano nella casa del sindaco; invase la casa del Citini eia saccheggiò; mise a ruba la casa del farmacista Felicetti e distrusse la farmacia; suonò le campane a stormo; corse furentemente le strade per l’intera notte gridando che volea mettere a morte tutti i proprietari e tutti gli officiali pubblici. La mattina tentò di penetrare nella caserma dei bersaglieri, e cercò di nuovo del sindaco per ucciderlo. E l’avrebbe ucciso se non accorrevano in tempo il maresciallo dei carabinieri, il furiere Allisio e il sergente Cenderini dei bersaglieri, i quali si cacciarono coraggiosamente in mezzo alla folla e riuscirono a distorta dall’iniquo proposito, e ad impedire l’incendio di varie case e l’uccisione di molti cittadini. E mantennero un po’ di calma nel paese sino alla mattina del giorno dopo, quando arrivò una compagnia del 45º battaglione di bersaglieri, comandata dal capitano Ippo-