che cominciava a riadunarsi, li stava a guardar da lontano
tra sospettoso e meravigliato; la gente sparsa
per la campagna si veniva a poco a poco avvicinando al
paese per vedere che cosa vi accadesse. I primi arrivati,
non vedendo più i cadaveri per le strade, pigliavano
animo e s’addentravano nel paese; molti cominciarono
spontaneamente a pulir le strade di quanto vi rimaneva
d’immondo; altri a rientrar nelle case; alcuni ad affollarsi
intorno al Cangiano, guardandolo attoniti, senza
far parola, trattenuti ancora da un po’ di diffidenza; ma
coll’animo preparato a render grazie e a pregare. E il
Cangiano, pur non ristando dal correre di qua e di là
per incoraggiare i soldati, si volgeva tratto tratto alla
gente che lo seguiva. — Su via, andate ad aiutare que’ poveri
giovani che è tanto tempo che faticano per voi; andate
a chiamare la gente ch’è fuggita in campagna; facciamo
tutti qualche cosa; rimettiamo un po’ d’ordine
nel paese; il sindaco tornerà; torneranno anche i signori
e vi soccorreranno; torneranno i fornai, verranno
dei medici; presto arriveranno soccorsi da Caltanissetta;
coraggio, via, lavoriamo tutti; a tutte le sventure
c’è rimedio, rimedieremo anche a questa. Siamo venuti
qui pel vostro bene, persuadetevene, buona gente; che
cosa avete a temere dai soldati? Non siamo forse tutti
dello stesso paese, non siamo noi i vostri fratelli, i vostri
difensori? — A queste parole segui un mormorìo di
approvazione nella folla; qualcuno se ne staccò e
corse in aiuto dei soldati; altri andarono verso la campagna;
molti si sparsero per le strade; i restanti si fecero
attorno all’ufficiale con lamenti e supplicazioni: — Siamo
senza pane.... abbiamo fame.... — Lo so, buona
gente, lo so; ancora un po’ di pazienza, e il pane arriverà;
farò tutto quel che posso per voi; manderò i miei
soldati a pigliarvi da mangiare a Sutèra; vi daremo tutto