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324 | l’esercito italiano |
il rumore di quelle teste cadenti pesantemente sul carro! — E spesso qualcuno retrocedeva inorridito alla vista dei morti, o nell’atto di afferrarli gli tremavan le braccia e gli si velavano gli occhi. — Oh amico!... — avrà detto al vicino, — io non posso! — Ma suonava sempre pronta la voce dell’ufficiale: — Coraggio, figliuoli, tutto sta nel pigliare il primo; bisogna farci l’abitudine. — E allora il soldato stendeva timidamente la mano sopra il cadavere, torcendo il capo e trattenendo il respiro. — Il convoglio s’incamminava alla volta del cimitero. Quivi giunti, i soldati posavano le lanterne in terra, e parte cominciavano a scavar le fosse, parte, fermi accanto ai carri, aspettavano un cenno per porre giù i morti. L’ufficiale stava immobile sull’orlo d’un fosso a sorvegliare l’opera de’ soldati. Tutti tacevano. Non si sentiva che il picchio delle zappe confitte nel terreno e il ricader della terra gettata in aria da’ badili. E tratto tratto una voce: — Animo, ragazzi! — E poi si traevan giù dai carri i cadaveri; un soldato facea lume perchè ognuno potesse vedere dove metteva le mani, un altro ritto sul carro aiutava quei di sotto a prender corpo per corpo dal mucchio, e diceva: — Pigliate questo. — Quest’altro. — Attenti a questo qui che è mezzo disfatto.... — Dieci passi più in là non si sarebbe sentito che un lieve bisbiglio, e a quando a quando una voce più forte: — Coraggio. — Oppure: — Badate alle mani. — E tutt’intorno tenebre e silenzio.
— Ma perchè, — domandò una volta un soldato mentre rientrava in quartiere — perchè li dobbiamo sotterrar noi? — Oh bella — gli rispose un caporale con accento di profonda convinzione, — perchè non li sotterrano gli altri. — A una ragione siffatta non c’era più che obiettare, e tutti stettero zitti.