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durante il colèra del 1867. 317

voce avea in gola: — Presto, presto! I soldati t’ammazzano il bambino! — Un grido acuto s’intese dal di dentro, apparve nello stesso punto sull’uscio un’altra donna, vide i soldati, si avventò, gettando un grido spaventevole, sopra il bambino, lo strinse fra le braccia, tornò come un fulmine in casa, chiuse la porta, si slanciò alla finestra, ansante, convulsa, cogli occhi fuor dell’orbita e la faccia smorta e stravolta; fissò lo sguardo sui soldati, e poi, accompagnando le parole con un gesto vigoroso come se scagliasse una pietra, gridò con voce soffocata: — Maledetti! — e si ritrasse. I soldati stavan là fermi, a bocca aperta, come trasognati. Ma la donna che avea dato il primo grido era corsa a chiamar gente; onde i tre poveri giovani pensarono tosto a mettersi in salvo, che non c’era tempo da perdere. Non avevano fatto ancora cinquanta passi quando apparvero davanti alla casa della madre i forieri armati della turba.

Una sera, lunge dall’abitato, un branco di contadini che andava in traccia d’avvelenatori, s’imbattè in un soldato. Appena lo vide, gli mosse incontro di corsa. Il soldato, malaccorto, volse le spalle e si diè a fuggire. Fu raggiunto, afferrato da dieci mani, tradotto dietro una casa romita, messo colle spalle al muro, minacciato di morte. — Dove tieni il veleno? — gli domandarono dieci voci in una. — Io non ho veleno... — rispose balbettando il soldato, bianco come un cadavere. — Dove tieni il veleno? — insistettero gli altri minacciosamente. E uno gli tolse il cheppì, lo esaminò e la buttò in terra; un altro gli strappò dal collo la cravatta. — Fuori questo veleno! — e uno che lo avea afferrato pel collo gli fece batter la testa nel muro. — Non ho nulla.... — rispondeva con voce spenta e supplichevole il soldato. — Ah, non hai nulla, eh? Ora lo vedremo se non hai nulla! digrignavano quei feroci, e sbottonatogli