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durante il colèra del 1867. | 307 |
sempre tutti, non un solo eccettuato, tutti generosamente disposti a dar tutto, fin l’ultimo sigaro, fin quel po’ di vino che bevevano la domenica coi pochi soldi risparmiati nella settimana. Non dimenticherò mai come fu fatta l’ultima colletta per una famiglia del paese a cui erano morti di colèra il padre e la madre; una famiglia tutta di femmine, delle quali la maggiore aveva dodici anni. — Veda se può raccogliere qualcosa, — dissi al sergente. — Egli mi rispose: — Vedrò; ma c’è da aspettarsi poco o nulla; oramai n’han quasi più bisogno loro che la gente del paese. — Capisco — gli soggiunsi; — provi ad ogni modo; per quanto riesca a far poco, qualcosa sarà sempre meglio che niente. — Andò su nel dormitorio; i soldati stavan tutti seduti sul pavimento, in circolo, come attorno a una gran tavola, e mangiavano e chiacchieravano, con quella poca allegria che era possibile in quei giorni e in quei luoghi. Il sergente s’avvicinò. — Attenti un momento! — Tutti tacquero. — Ieri mattina, qui in paese, sei bambine sono rimaste senza padre e senza madre. Chi vuol dar qualcosa tanto per non lasciarle morire di fame?
I soldati si guardarono in viso come per dirsi: — Che cosa possiamo dare oramai? La coperta del libretto di deconto per farla bollire?
— Animo — riprese il sergente — una risposta qualunque.
Un soldato si alzò e mostrandogli un soldo nella palma della mano: — Lo vuole? — dimandò, e fece una cera come se quasi si vergognasse d’aver offerto così poco.
— Anche questo è qualcosa, — rispose il sergente pigliando il soldo. — C’è altro?
— Se non si tratta che d’un soldo, ce l’ho anch’io — gli rispose un altro, e gli gettò il soldo.